La RomaOstia Half Marathon

 Roma, 10/04/2022


Mi sono iscritta alla mezza maratona di RomaOstia il 20/11/2021. Ero indecisa ma poi, parlando con dei colleghi ho deciso di provare. Da mesi avevo il desiderio di provare una mezza maratona ma, molto scettica per il semplice motivo che non mi sentivo all'altezza. Ogni volta che ne parlavo con qualcuno avevo sempre le stesse risposte: "Ma guarda che è un'impresa se non sei allenata ti ritiri o finisci con gli ultimi che vengono invitati ad uscire; per non parlare poi dei probabili traumi che potresti avere". Alla fine un collega mi ha detto che avrei dovuto provarci senza troppi se o ma. Certo si era raccomandato sull'allenamento e, non nego avesse ragione. Fatto sta che, dal sito ufficiale ho effettuato l'iscrizione alla maratona più partecipata d'Italia.


Da quel giorno, ero consapevole che avrei dovuto allenarmi nel migliore dei modi altrimenti non sarei riuscita a terminare la gara. Ogni volta che uscivo a correre cercavo di resistere il più possibile ma, mai avevo testato i 21 kilometri. Tra l'altro la decisione ed il relativo allenamento era durante i mesi più freddi dell'anno quindi pioggia, vento e temperature basse ogni giorno. Con i mesi sui social iniziavano a vedersi articoli, info e immagini del percorso e degli sponsor. Passavo intere serate prima di addormentarmi a leggere notizie sul percorso, sui tempi limite, sui ristori e sugli iscritti. La curiosità cresceva ogni giorno di più. Sapevo che sarebbe stato difficile ma, testarda come sono ero consapevole di volerla fare. Passavano giorni e il 06 marzo si avvicinava sempre di più. Con il mio collega parlavo della gara; per lui era la settima quindi quando potevo facevo più domande possibili e, nonostante le mie paure cercava sempre di tranquillizzarmi dicendomi: "Ma vabbè che ti importa falla e vedrai come va. Ti devi divertire a prescindere dal tempo ma, devi allenarti"

Il venerdì antecedente all'evento sono andata a ritirare il pettorale con relativo chip e pacco gara. Solitamente i pacchi gara consistono in zainetti con gadget all'interno e la maglia ufficiale ma, in questo caso c'era anche la borsa per il deposito bagagli. Già perché quando partecipi a maratone di lunghe distanze hai diritto a depositare un cambio o alcuni oggetti che possono servirti prima o dopo la corsa. In pratica la borsa è legata al tuo numero di pettorale; viene lasciata prima della maratona nel punto di ritrovo per poi trovarla all'arrivo. Il servizio ovviamente è gratuito e compreso nella quota di partecipazione. Lasciato il modulo di autocertificazione covid l'addetta alla consegna del pettorale mi domanda: "Quanto fai?" ed io: "In che senso?"; e lei: "Quanto fai di tempo;  sono un Pacer posso farti terminare la gara in due ore!".  Da questa breve chiacchierata ho capito cosa fosse un Pacer e lo scopo che aveva. purtroppo le ho detto di no perché non mi sentivo pronta per affrontare una mezza maratona così. Come detto da lei stessa per me i 21 kilometri della Roma Ostia sono stati il battesimo. Ritirato il pettorale ed il pacco sono tornata a casa e, ricordo di aver fotografato maglia  e pettorina per poi postarla su Instagram. Il sabato l'ho dedicato al riposo sapendo che avrei affrontato uno sforzo esagerato; giravo per casa e controllavo continuamente le cose nella borsa da depositare e nel piccolo marsupio che di solito mi accompagna nelle corse. Cercavo di fare stretching e di vedere se il ginocchio mi faceva male. Avevo una gran paura del cambio tempo perché la settimana era stata calda ma, due giorni prima è tornato il freddo con temperature minime sotto lo zero. Sono andata a letto alle 20.00 ma, ho preso sonno tardi e non nego di essermi svegliata più volte durante la notte con il pensiero della gara.

Il giorno della mezza avevamo l'appuntamento alle 07.30 del mattino davanti al Palalottomatica. E' inutile che vi descriva di come ho passato la notte. La sveglia ha suonato alle 5.00. Vestiti, preparati e passa dieci minuti in solitudine davanti lo specchio del bagno a capire se riuscirai a finirla o morirai prima. Esci, vai al solito bar a prendere una spremuta ed un cappuccino. Cerco una car sharing nelle vicinanze e vado fino alla metro per poi arrivare a destinazione. Durante il tragitto incontravo runners con la stessa borsa della RomaOstia. Ci guardavamo rimanendo in silenzio (forse si usa così non saprei) e comunque seri. Ad ogni fermata aumentavano sempre di più. Una volta arrivata a Eur Magliana ho visto una folla di runners uscire dalla metro e dirigersi tutti nella stessa direzione. Settemila e più persone che aspettavano tutte la stessa cosa. Il sole ancora non era sorto del tutto ma loro erano già pronti. Chi si scaldava, chi prendeva un caffè e chi, come me (spaesata per non aver mai visto una cosa del genere) attendeva guardando ogni dieci minuti l'orologio. Ho lasciato la borsa con il cambio allo staff, spogliandomi della mia calda tuta... Quanto ho patito quelle due ore! Ricordo che quando sono uscita c'erano 1,5 gradi pertanto, immaginatemi con i leggins corti al ginocchio, una maglia termica che ho praticamente buttato a metà gara togliendomela in corsa, una mezza manica ed un giacchetto di quelli fini solo per il vento. 

"Fa freddo cazzo" (scrissi su Instagram)

La mia fortuna è stata quella di essermi messa d'accordo con un collega (runner anche lui ma molto più esperto di me) di vederci li. Abbiamo passato le prime ore prima della gara insieme (altrimenti sarei stata in sola; infatti è stato come un miraggio perché non ho pensato al dopo durante l'attesa) anche ad i suoi amici scaldandoci con brevi corsette e ridendo. Poi ci siamo salutati perché loro partivano da griglie differenti alla mia. La tensione saliva sempre più e tutti cominciavamo a cantare e ballare a ritmo della musica offerta da una nota radio. Ci siamo goduti la partenza degli elite e dei professionisti (in gergo "quelli che corrono per corre...").

Ho sentito lo sparo di inizio ed il conto alla rovescia e visto migliaia di runners iniziare a correre. Partiti loro ci siamo posizionati in griglia noi. C'era chi cantava, chi ballava e chi, nonostante tutto si abbracciava. I miei amici, salutandomi mi hanno fatto l'in bocca al lupo dicendomi: "Noi andiamo avanti, ci vediamo a Ostia". Quella, è stata la frase più bella che il mio collega poteva dirmi. Per settimane prima della gara mi ricordava: "Laurè, te stai a allenà? Sei pronta?".

Ci siamo tutti stretti in un unica folla prima dello start. Si sentiva la musica altissima e non credo di poter dimenticare facilmente quei secondi li. Mi sentivo carica e felice; totalmente "scollegata" dalla mia vita quotidiana. Mi è rimasto in mente il particolare delle maglie lasciate li sulla griglia. I runners fanno così; si tolgono e lasciano la felpa, la maglia o l'impermeabile li serviti per tenersi al caldo... 

Cinque minuti, tre, sessanta secondi...

Sparo!

Abbiamo tutti iniziato a correre e, riguardando il video della partenza si vede un tappeto di gente correre. Da quel momento, ho iniziato a correre (per la seconda volta). Scrivo così perché ho provato la stessa emozione della prima volta che ho cominciato quasi due anni fa.

Sono partita, piano, perché sapevo che avrei dovuto correre per minimo due ore e non ero al corrente se, quando e soprattutto come sarei arrivata al traguardo. Vedevo gente passarmi avanti, ma ricordo il mio amico che si raccomandò di non guardare mai chi mi supera e di pensare solo a me stessa. Quinto kilometro, settimo, decimo... ristoro. Da lontano ho visto i ragazzi dello staff pronti con le bottiglie di acqua. Non avevo molta sete ma l'ho presa e bevuto un goccio. Superati quelli è iniziata la fantastica salita... Ebbene si perché quella strada (Cristoforo Colombo) è tutta in falso piano ed io, ovviamente l'ho scoperto qualche settimana prima informandomi sul percorso. Non te ne accorgi ma la senti! Sapevo che c'era perché me lo avevano detto: "Vedrai che dopo il decimo c'è la salita e quando scollini vedrai il mare!". Quella salita è stata la più tosta della mia vita da runner perché non finiva mai. Li, ho perso tempo; li ho rallentato ed ho pensato: "Laura, se ti fermi ora hai perso contro te stessa. Resisti e continua a correre: Ricordati cosa ti ha detto Michele Graglia"; li ho capito che dovevo stringere i denti per forza. 

Graglia: "Goditi l'esperienza e abbraccia il dolore, è parte del viaggio"

Ogni tanto lungo il percorso incontravo le postazioni della croce rossa che ti incoraggiavano o passanti in bicicletta. Il tempo scorreva e già avevo passato il primo "cancello". Questo al decimo e al quindicesimo. In pratica il chip che hai attaccato al pettorale cronometra il tuo tempo e, se passi il cancello dopo il previsto non hai l'ok a procedere la gara e sei invitato ad uscire. La mia paura è stata per giorni quella, di non riuscire a passare in tempo i check nonostante mi fossi cronometrata in precedenza più volte. 

Quindicesimo, nuovo ristoro e questa volta, oltre a l'acqua ci sono anche le arance. Ci volevano! Poco prima mi ero aperta un gel di quelli che ti danno con il pacco gara energizzante e che mi sono messa nel marsupio sportivo insieme a due cioccolatini; sono fantastici perché ti regalano un po' di energia. Un'altra cosa che mi viene in mente è la "pulizia" adottata da me durante la gara. Mai avrei pensato di asciugarmi il sudore con la maglietta non avendo asciugamani o fazzoletti oppure, di togliermi la maglia a maniche lunghe (che avevo sotto la mezza manica) mentre correvo quindi, mentre c'erano altre persone. Togliti tutto, rimani in reggiseno sportivo, butta la maglia sul ciglio della strada e ricomponiti. Versati la prima boccetta di acqua praticamente addosso perché, prendendola al volo già stappata praticamente mezza l'hai salutata e perché non ero forte sul bere correndo e perché . Alla seconda battuta sono stata capace di prenderla al volo senza lavarmi. Metti la mano sporca di tutto (calcolando che sei in giro dalle sei del mattino ed hai toccato ogni cosa) nella cesta delle arance a spicchi (dove almeno altri 4000 runners prima di te hanno attinto) e "mangiatene" una sempre mentre corri pertanto te la spalmi sul viso facendotela colare addosso. Non so se ho reso l'idea del mio stato... Mettiamoci il sudore, le occhiaie e i capelli di cui non vi descrivo lo stato.

Superato il quindicesimo sentivo qualcuno che diceva: "Dai che passati i 15 i 20 arrivano con un attimo, quindi si può dire che te ne manca uno!". Non osavo rispondere. Diciassette, inizio a pensare di aumentare un pochino e, un pacer che in pratica stava correndo dalla parte opposta perché già terminata la gara in un ora e mezza mi fa: "Allunga che cell'hai!". Li ho iniziato a correre di più nonostante la fatica che sentivo sulle gambe e la stanchezza mentale.

18, 19, 20... E qui, un poliziotto che controllava gli incroci mi dice: "Lo vedi il traguardo? sta li, è finita".  In effetti anche io inizio a vedere le bandiere. Sto per arrivare, vedo tutti e sento il tizio con il microfono che esulta agli altri arrivi. Inizio a correre il più possibile perché in quel momento ho percepito una forte scarica di adrenalina e una forte voglia di finire. Esulto, tanto è vero che nello scatto finale che mi hanno fatto ho i pugni stretti ed un accenno di sorriso/urlo. L'ho finita, ce l'ho fatta e non mi interessa nemmeno il tempo perché il mio obiettivo era finirla. Il partire da Roma ed arrivare al mare di Ostia. Praticamente un sogno.

Finita mi fermo, respiro, mi chino sulle gambe che non sento più. E' come se fermandomi non riuscissi più a camminare perché ormai abituata a correre. Chiamo subito mia madre: "Ma, ho finito cell'ho fatta sto bene!". Del resto dopo tutto so che era preoccupata e lo è stata da prima ma volevo comunque trasferirle la mia gioia. Successivamente ho preso la medaglia, un sogno, finalmente ce l'avevo anche io e nel frattempo Il mio collega mi ha chiamato: "La, allora? Hai finito, come è andata?", io: "Siiiii Lu, cell'ho fatta mi so commossa non posso crederci. Non mi sento più le gambe ma l'ho finita! ci vediamo in ufficio", "Daje so contento, hai visto che cell'hai fatta?". Si credo proprio che tutti abbiano notato la mia felicità compresi i miei amici che, nel vedermi arrivare piano piano dopo la gara con la sacca in spalla si sono resi conto della mia stanchezza ma allo stesso tempo increduli che ci fossi riuscita. Giò mi ha fatto: "Ma non ci credo, un'impresa! sei riuscita a fare la mezza? Io non ho parole proprio". Ecco, potrei raccontare quello che mi hanno detto tutti ma per non essere lunga evito fatto sta, che ad oggi sono ancora felice e, quando guardo la medaglia mi sento soddisfatta.

Ho imparato a buttare la maglia in griglia prima della partenza. Ho imparato a bere correndo per non perdere il ritmo ed il tempo. Ho imparato a tenere sempre lo stesso passo per poi correre più forte gli ultimi kilometri. Ho imparato a seguire un Pacer (di cui un paio di anni fa non sapevo nemmeno chi fosse). I dieci kilometri col tempo sono diventati un gioco perché nella mia testa c’era il sogno di farne una da 21,097.

Adesso l’ho realizzato e nonostante il dolore sono felice come una bambina.

“Superare gli altri è avere la forza, superare se stessi è essere forti”, ed io oggi so di aver superato me stessa.

Poi chissà…

Passo e chiudo. 


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